sabato 22 maggio 2010

Anna Montero- Ho abitato la tua pelle









HO ABITATO LA TUA PELLE

Ho abitato la tua pelle,
i tuoi sogni.
Al di là di te e di me
una nostalgia di vecchi orizzonti
si insinua.
Dalla luce più incerta
vedremo passare le notti, i giorni,
l'oscurità e le distanze.
vedremo passare il corteo
degli assenti,
e la paura ci guarderà dalla finestra.

Ho abitato la tua pelle
e i tuoi sogni
e nella casa abbiamo costruito
una stanza o un fiume
che ci porta
verso altri sogni
che forse ci sogneranno
fino allo sguardo ultimo.

(da “Parlano le donne – Poetesse catalane del XXI secolo, Pironti, 2008)


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domenica 9 maggio 2010

Tjutcev F. I. - Amo i tuoi occhi















Amo i tuoi occhi, amica mia,

E il loro gioco d’incanto e di fuoco,

Quando, d’un tratto, tu li sollevi

E come un lampo nel cielo

Rapida intorno ti guardi…


Ma vi è un incanto ancor più intenso;

Quando nei tuoi occhi chini,

Nel momento del bacio appassionato,

Attraverso le tue ciglia abbassate

Arde il cupo fuoco del desiderio.

(F. I. Tjutčev)



sabato 8 maggio 2010

ArsenijTarkovskj-" e lo sognavo e lo sogno..."
























«E lo sognavo, e lo sogno,
e lo sognerò ancora, una volta o l’altra, e tutto si ripeterà, e tutto si realizzerà, e sognerete tutto ciò che mi apparve in sogno. Là, in disparte da noi, in disparte dal mondo un’onda dietro l’altra si frange sulla riva, e sull’onda la stella, e l’uomo, e l’uccello, e il reale, e i sogni, e la morte: un’onda dietro l’altra. Non mi occorrono le date: io ero, e sono e sarò. La vita è la meraviglia delle meraviglie, e sulle ginocchia della meraviglia solo, come orfano, pongo me stesso solo, fra gli specchi, nella rete dei riflessi di mari e città risplendenti tra il fumo. E la madre in lacrime si pone il bimbo sulle ginocchia.»

lunedì 3 maggio 2010

ArsenijTarkovskj-Primi incontri

Kokoschka- La sposa del vento

Ogni istante dei nostri incontri
lo festeggiavamo come un’epifania,
soli a questo mondo. Tu eri
più ardita e lieve di un’ala di uccello,
scendevi come una vertigine
saltando gli scalini, e mi conducevi
oltre l’umido lillà nei tuoi possedimenti
al di là dello specchio.
Quando giunse la notte mi fu fatta
la grazia, le porte dell’iconostasi
furono aperte, e nell’oscurità in cui luceva
e lenta si chinava la nudità
nel destarmi: “Tu sia benedetta”,
dissi, conscio di quanto irriverente fosse
la mia benedizione: tu dormivi,
e il lillà si tendeva dal tavolo
a sfiorarti con l’azzurro della galassia le palpebre,
e sfiorate dall’azzurro le palpebre
stavano quiete, e la mano era calda.

Nel cristallo pulsavano i fiumi,
fumigavano i monti, rilucevano i mari,
mentre assopita sul trono
tenevi in mano la sfera di cristallo,
e – Dio mio! – tu eri mia.

Ti destasti e cangiasti
il vocabolario quotidiano degli umani,
e i discorsi s’empirono veramente
di senso, e la parola tu svelò
il proprio nuovo significato: zar.

Alla luce tutto si trasfigurò, perfino
gli oggetti più semplici – il catino, la brocca – quando,
come a guardia, stava tra noi
l’acqua ghiacciata, a strati.

Fummo condotti chissà dove.
Si aprivano al nostro sguardo, come miraggi,
città sorte per incantesimo,
la menta si stendeva da sé sotto i piedi,
e gli uccelli c’erano compagni di strada,
e i pesci risalivano il fiume,
e il cielo si schiudeva al nostro sguardo…

Quando il destino ci seguiva passo a passo,
come un pazzo con il rasoio in mano.

( “Primi incontri, in Poesie scelte” 1989